Il Preside Gian Domenico Belletti

Un ruolo fondamentale negli anni della guerra e del primo dopoguerra ebbe Gian Domenico Belletti, preside dal 1913 al 1923. Belletti era nato nel Regno di Sardegna, a Vische, in provincia di Torino, il 19 maggio del 1851. Aveva 10 anni quando fu proclamata l’Unità d’Italia, 15 quando fu combattuta la terza guerra d’indipendenza, 19 quando fu presa Roma. Un forte sentimento di italianità si dovette radicare in lui. Si era laureato a Firenze in Lettere nel 1877 e aveva cominciato ad insegnare nel 1878. Dalle nozze con Margherita Vignati nacque nel 1880 Luigi, l’unico figlio, che prenderà parte alla Grande Guerra rimanendovi ferito.
Dopo essere stato preside in vari istituti tra cui il Tiziano di Belluno e il Romagnosi di Parma, a 62 anni, arriva al Galvani per terminarvi la carriera.
Come instancabile sacerdote di una vera e propria “religione della patria”, Belletti fu sostenitore delle ragioni dell’irredentismo. In questa prospettiva incoraggiò l’arruolamento dei suo studenti. I documenti presenti nella cartella riservata ai caduti della guerra ci consentono di osservare che mantenne vivo il rapporto con loro al fronte, chiese informazioni sulla loro sorte, inviò pacchi quando li seppe prigionieri, non dimenticò di consolare le famiglie nel momento della tragedia, si rivolse con discorsi agli studenti della scuola ogni volta che dal fronte pervennero notizie molto dolorose e quando la guerra terminò, decise di onorare gli studenti più giovani, caduti per la patria, con una lapide commemorativa, collocata a fianco dell’ingresso della scuola, affinché il sacrifico compiuto non venisse più dimenticato. Il primo atto di costruzione della memoria della Grande Guerra –la lapide- è promosso per iniziativa interna, dal preside, che la inaugura il 22 giugno 1919.
Non possediamo purtroppo il discorso da lui fatto in quella circostanza ma l’archivio ci ha conservato gli articoli di giornale che egli teneva in quei giorni, forse per ispirarsi, e le autorizzazioni del Comune a murarla ove si trova ancora oggi.

Materiali archivio Galvani