Scrittrici partigiane: Renata Viganò

Renata Viganò nacque a Bologna il 17 giugno 1900 da Eugenio e Amelia Brassi. La condizione agiata della famiglia le fece vivere una serena infanzia borghese.

Dirà di sé, ricostruendo la propria vita: “Io non sono nata dal popolo. Non ho avuto perciò il grande insegnamento di un’infanzia dura, di genitori premuti da lavori faticosi, da privazioni quotidiane. Ma la mia estrazione borghese non impedì che fossi portata a preferire le persone del popolo alla vellutata, stagnante, bigotta simulazione della classe a cui appartenevo.”

Renata fu una precocissima poetessa e la sua prima raccolta Ginestra in fiore, stampata a cura della famiglia, le fece conquistare le cronache del giornale locale, Il Resto del Carlino, che il 22 gennaio del 1913 le dedicò un breve articolo, intitolato “La poetessa dodicenne”, in occasione della festa che l’istituto scolastico privato, frequentato fino ad allora, organizzò per lei. Proprio in quell’anno Renata, che abitava con la famiglia in via Cartolerie 17, passò al “Galvani” in III ginnasio A. Ebbe tempo di concludere il ginnasio inferiore, di frequentare il ginnasio superiore e la prima liceo, sempre con profitto lusinghiero. Al termine della V ginnasio il voto in italiano fu 10. Nel 1915 aveva dato alle stampe una seconda raccolta poetica: Piccole fiamme. Purtroppo nel 1917 il fallimento della ditta di famiglia sottrasse a Renata l’agio di cui aveva goduto e la costrinse ad andare a lavorare. Aveva sognato di fare il medico e si fece prima inserviente e poi infermiera.

“Piantai con un taglio netto ogni rapporto con i ranghi borghesi e andai a fare prima l’inserviente poi l’infermiera negli ospedali. Era il lavoro che mi piaceva perché avevo tanto desiderato gli studi in medicina, e anche se allora umiliato, mal retribuito e faticoso, non me ne sono mai pentita. Così ebbi il mio posto nella classe operaia”

Nel frattempo il fascismo arrivò al potere e si trasformò in regime. Dopo la morte dei genitori e della vecchia “tata”, Renata visse con distacco la nuova situazione politica fino a che non incontrò, attraverso un’amica, gli oppositori comunisti al regime e colui che diventerà il compagno della sua vita, Antonio Meluschi.

“Lui pettinò la matassa un po’ arruffata dei miei pensieri, e incominciai così la mia vera “scuola di partito”.

Dopo che Meluschi, già dal 9 settembre 1943, si era unito ai partigiani, Renata, a Bologna, cominciò ad aiutare gli sbandati dell’esercito per poi partecipare, a sua volta, alla Resistenza, prima in Romagna e poi nelle valli di Comacchio, tenendo con sé il figlio Agostino, detto “Bu”, di soli sette anni.

La Resistenza fu “la cosa più importante nelle azioni della vita” della Viganò che da essa trasse la materia del suo capolavoro L’Agnese va a morire. Scritto nel 1949, le valse il premio Viareggio e un successo che dura nel tempo.

“Il personaggio dell’Agnese non è uno solo… L’Agnese è la sintesi, la rappresentazione di tutte le donne che sono partite da una loro semplice chiusa vita di lavoro duro… per trovarsi nella folla che ha costruito la strada della libertà.”

Renata si ispirò alla Resistenza per altre due opere: Donne nella Resistenza, scritto nel 1955 e Matrimonio in brigata, scritto nel 1976.

La Viganò aveva avuto il proprio esordio narrativo nel 1933 con Il lume spento. Dopo L’Agnese, la sua attenzione per le donne del popolo le fece scrivere Mondine nel 1952 e, dieci anni dopo, un bel romanzo Una storia di ragazze, che segue le vicende diverse e dolorose di ragazze di differente estrazione sociale ma egualmente “sopraffatte” dal mondo maschile.

Renata morì a Bologna il 23 aprile del 1976, senza riuscire a vedere la trasposizione cinematografica della sua Agnese nel film di Giuliano Montaldo.

Bologna le ha dedicato un giardino con un piccolo monumento nel quartiere Savena. Il comune di S. Lazzaro le ha intitolato una strada come il comune di Pontecchio Marconi e la città di Ferrara. Una scuola elementare di Casalecchio di Reno porta il suo nome. Il Liceo “Galvani” le ha intitolato la sua sala insegnanti.

[a cura di Meris Gaspari]