Jacchia Mario

Mario Jacchia nacque a Bologna il 2 gennaio 1896 da Eugenio, avvocato affiliato alla Massoneria, espulso da Trieste, ancora austro-ungarica, per la sua attività irredentista, e da Elisabetta Carpi. La famiglia aveva origini ebraiche.
Frequentò il ginnasio del “Galvani” tra il 1907 e il 1909.
Volontario nella Grande Guerra nel corpo degli Alpini, si guadagnò per i suoi comportamenti eroici, due medaglie d’argento, una di bronzo e una croce di ferro.

Tornato a Bologna e ripresi gli studi di giurisprudenza entrò nel movimento politico "Sempre pronti per la patria e per il re" movimento nazionalista paramilitare, protagonista di un grave fatto di sangue. Credette nel fascismo della prima ora, tanto che nel ’20 si iscrisse al fascio di combattimento fondato da Leandro Arpinati.
Il distacco avvenne a seguito delle aggressioni e delle gravi intimidazioni subite dal padre e dal fratello Luigi, antifascista fin dall’inizio. Mario si dimette dal PNF e passa all’opposizione militante. “L'Avvenire d'Italia”, giornale clerico-fascista, appoggia questi interventi squadristi. Mario, allora, si fa ricevere dal suo direttore, Carlo Enrico Bolognesi, e lo schiaffeggia con decisione per cui i fascisti distruggono lo studio di avvocato gestito da Mario e da altri avvocati antifascisti. Mario arriva sul posto e prende a revolverate i fascisti che rispondono al fuoco e lo bastonano danneggiandogli un occhio. Al termine dello scontro Mario viene arrestato per aver difeso la sua proprietà che viene incendiata dai fascisti stessi.



I problemi col regime fascista si fanno sempre più gravi. Nel '27 non gli viene consegnato il "certificato di buona condotta politica", essendo ormai schedato fra gli antifascisti pericolosi: Il suo lavoro da avvocato non può proseguire. Nel '30 Mario non ottiene il brevetto di pilota a causa dei precedenti politici pur avendo superato brillantemente tutti gli esami. Nel '39, a seguito delle leggi razziali, in quanto ebreo è radiato dall'albo degli avvocati.
All'inizio del 1943 entra nel Partito d'Azione con Massenzio Masia, insieme al quale costituisce un’ organizzazione antifascista, chiamata Fronte per la pace e la libertà, che riunisce persone di diverse idee politiche purché antifasciste. L' 8 settembre del 1943 Mario è nella capitale e prende parte agli scontri contro i tedeschi. Diventa il rappresentante del Partito d'Azione nel CLN di Bologna.
Nei primi mesi del '44 passa alla lotta militare col nome di battaglia di “Rossini” ed ha l'incarico di ispettore delle formazioni di Giustizia e Libertà in Emilia e, da ultimo, il comando militare per il nord della regione.
Viene preso dai fascisti a Parma, durante una riunione, ma riesce a far fuggire i compagni e a distruggere gran parte dei documenti. Viene consegnato ai tedeschi e sembra che venga torturato. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Gli fu conferita la medaglia d’oro alla memoria.
Sulla facciata della casa di famiglia di via D’Azeglio 58 è murata una lapide che lo ricorda.